Saturday, October 27, 2012

RITI TRADIZIONALI A KYOTO in concomitanza con l'INCONTRO "Il padiglione d'Oro" di Yukio Mishima presso il Museo delle Marionette lunedì 24 febbraio 2014 ore 17.30

In un ipotetico elenco delle grandi mete spirituali del mondo, pochissimi occidentali includerebbero il Giappone. Eppure, proprio qui, vanno cercati alcuni dei templi più incantevoli del mondo, e non molti si rendono conto che tutto in Giappone sconfina sempre nel territorio del sacro e che nessuno degli aspetti più famosi della cultura giapponese, dalla cerimonia del tè al giardino, dal teatro Noh all'ikebana, e persino alle arti marziali e al sumo, è esente da una fortissima carica spirituale. 
I giapponesi non ritengono di dovere 'scegliere' una religione, e la maggior parte della gente si muove con disinvoltura fra lo scintoismo indigeno e un buddismo che ha ricevuto profonde modifiche rispetto a quello importato dal continente nel lontano 6° secolo. 
Esistono svariate tipologie di feste (matsuri). Nell'infinita trasformazione che secondo le credenze buddiste, genera, anima e governa il mondo, il fuoco riveste un ruolo fondamentale. Le preghiere, pazientemente scritte su tavolette di legno (ema), arrivano più velocemente a destinazione se bruciate. Molte feste primaverili celebrano la rinascita della vegetazione dopo il lungo letargo invernale, spesso interpretata come la vittoria del bene sulle forze del male. In propiziazione di un buon raccolto di riso, vengono offerti agli dèi (kami) cibi, fiori, oggetti votivi di ogni tipo.
Le feste religiose (matsuri) giapponesi hanno origini antichissime, a Kyoto alcune vengono celebrate quasi ininterrottamente da più di mille anni. Esistono svariate tipologie di matsuri: alcune prevedono gare di tiro con l'arco rituale (kyudo), e altre hanno il precipuo scopo di rievocare il periodo Heian in cui la città era capitale (794-1185). Nel cuore dell'inverno gruppi di devoti si ritirano dal mondo per un periodo di pratiche ascetiche che in genere si conclude con docce fredde di purificazione e danze dei nudi (hadaka odori). Molte feste primaverili celebrano la rinascita della vegetazione dopo il lungo letargo invernale, spesso interpretata come la vittoria del bene sulle forze del male. In propiziazione di un buon raccolto di riso, vengono offerti agli dèi (kami) cibi, fiori, oggetti votivi di ogni tipo. Alcune delle feste più famose prevedono processioni alle quali assistono folle strabocchevoli. Tutti i ceti sociali, bambini, famiglie, vecchi, ragazze belle come i fiori delle loro coloratissime yukata (kimono estivi in cotone o lino), vanno per strada, mentre i palanchini decorati (mikoshi) vengono tirati o portati sulle spalle da centinaia di uomini seminudi che, abbandonata la tradizionale riservatezza nipponica, corrono, urlano, saltano, sudano. Ad un segnale invisibile e misterioso, i portatori si arrestano all'improvviso, si siedono tutti per terra accanto ai mikoshi e lasciano che il prete scintoista (kannushi) si riappropri dello spirito degli dèi (kami)

Marcella
Responsabile Centro Studi Avventure nel Mondo Palermo
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Per altre informazioni sulla cultura giapponese:
http://blog.marcellacroce.com/2012/10/lanima-nascosta-del-giappone-in.html
http://blog.marcellacroce.com/2012/09/sotto-i-ciliegi-in-fiore-in-previsione.html
http://blog.marcellacroce.com/2012/09/aceri-autunnali-e-fioriture-primaverili.html

Monday, October 8, 2012

L'ANIMA NASCOSTA DEL GIAPPONE in concomitanza con la presentazione del libro di Marcella Croce alla Fiera delle Parole venerdì 12 ottobre ore 18 alla libreria Feltrinelli di Padova

"Tutto in Giappone sconfina sempre nel territorio del sacro. Nell'infinita trasformazione che secondo le credenze buddiste, genera, anima e governa il mondo, il fuoco riveste un ruolo fondamentale. Le preghiere, pazientemente scritte su tavolette di legno (ema), arrivano più velocemente a destinazione se bruciate: nel corso della festa annuale del tempio Seruyji di Arashiyama, se ne bruciano molte migliaia. Nella visione buddista del mondo, per antonomasia ispirata a un rigoroso rispetto dell'ambiente ante litteram, c'è fondamentale unità fra tutti gli esseri: anche gli animali e gli oggetti devono poter ritornare all'armonia del ciclo universale della natura.

 Lo spirito del Giappone, più che spiegato o studiato, va semplicemente 'sentito', assorbito. Ricopiando il sutra nell'atmosfera rarefatta del tempio, l'unico rumore che avvertivo era il battere implacabile della pioggia che innaffiava naturalmente i celebrati muschi, e ad ogni tratto del pennello affondavo lentamente sempre più nel terreno inesprimibile del sacro. La pioggia continuava incessante; invece che rovinare la nostra passeggiata nel giardino, l'aveva resa ancora più suggestiva. Scendendo una dozzina di scalini, mi sono ritrovata nel buio totale di un ambiente sotterraneo, che intendeva richiamare il ventre materno, che è anche il ventre della terra, e in pochi minuti ciascun visitatore, che lo volesse o no, diventava pellegrino e avvertiva totalmente cambiata la propria dimensione."      
     
da L'anima nascosta del Giappone di Marcella Croce       Marietti editore Milano 2009

Per altre informazioni sulla cultura giapponese:
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Marcella
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Friday, September 28, 2012

SOTTO I CILIEGI IN FIORE

Hanami, picnic sotto i ciliegi in fiore 

A Kyoto era scoppiata la primavera; Yoko e Yumi ci avevano invitati ad andare con loro a fare un picnic sotto i ciliegi in fiore. L'attività è talmente popolare che esiste addirittura una parola specifica (hanami) per designarla. Un rito ricreativo che, come spesso accade in Giappone, non è privo di connotazioni religiose in senso lato, celebrato in onore della bellezza della natura, ma anche del dio dell'agricoltura. Come molti altri aspetti culturali, l'hanami fu importato dalla Cina nell'8° secolo dove lo si festeggiava sotto i pruni in fiore (ume) anch'essi introdotti dal continente, mentre i ciliegi (sakura) sono una specie autoctona. Avevano diritto all'hanami persino le cortigiane e le prostitute di Yoshiwara, il più famoso quartiere del piacere di Edo (Tokyo), le quali in occasione dell'hanami primaverile potevano recarsi sulle colline di Ueno per godersi un giorno di libertà. Una libertà transitoria come quella dei sakura

'I ciliegi, dopo una breve ed effimera fioritura, 'muoiono eroicamente' ecco perché noi li amiamo tanto', mi ha spiegato Yoko un giorno: grazie alle sue parole, d'improvviso tutto mi è apparso chiaro. Veniva così, con due parole, filosoficamente giustificata l'agitazione collettiva che, a livello nazionale, si diffondeva a macchia d'olio ogni giorno di più per la fioritura dei ciliegi. Alla televisione e sulla stampa venivano addirittura rilasciati continui aggiornamenti, della situazione, veri e propri 'bollettini' dei ciliegi, come da noi ci sono quelli della neve e del mare. Vedevo dappertutto depliants e cartine in cui i templi più famosi di Kyoto apparivano tutti punteggiati da silhouette rosa per indicare le zone con massima densità di sakura. Innumerevoli opere d'arte, poesie, dipinti e disegni hanno per secoli cercato di catturare l'hanami e il fuggevole momento della bellezza dei ciliegi (sakura) prima che cadano i celebrati petali. Il senso di struggimento della caducità, la bellezza della transitorietà e il fascino dell'incertezza (mono no aware), di solito tradotto in italiano come 'sentimento della impermanenza', sono una costante di tutta la cultura giapponese.

Armati di tutte le necessarie suppellettili, incluse le tipiche scatole quadrate per trasportare il pranzo (bento), con una breve passeggiata siamo arrivati al tempio Ninnaji dove, come intere generazioni di giapponesi, anche noi gaijin ('stranieri') siamo stati ammessi al sacro hanami sotto i ciliegi in fiore.

Per altre informazioni su questo argomento: 
da "L'anima nascosta del Giappone" di Marcella Croce (Marietti ed. Milano 2009)
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Sunday, September 23, 2012

ACERI AUTUNNALI E FIORITURE PRIMAVERILI A KYOTO in concomitanza con VIAGGIO IN GIAPPONE 24 FEBBRAIO ORE 17.30 MUSEO DELLE MARIONETTE

ACERI AUTUNNALI E FIORITURE PRIMAVERILI A KYOTO 

Nel giardino si compendia mirabilmente l'estetica giapponese che si basa su tre parole chiave: sabi, shibui, wabi, le cui rispettive traduzioni nelle lingue occidentali ('severo', 'modesto', 'melanconico') sono prive delle connotazioni altamente positive che esse posseggono in giapponese.Altri concetti fondamentali sono l'armonia totale (wa) tra uomo, natura e universo, il mutuo rispetto e la venerazione che sono necessari nei rapporti umani, il concetto di umiltà personale (kei) verso tutte le cose, la pulizia e l'ordine (sei) che dovrebbero essere sempre presenti in ciò che ci circonda, nei nostri pensieri e nei nostri rapporti con gli altri. Scopo di tutti questi ideali è coltivare una mente calma in un ambiente sereno e riposante (jaku).

L'associazione fra giardino, cerimonia del tè, poesia e religione è fortissima: la parola niwa ('giardino') in origine era usata per indicare un luogo purificato dove adorare gli dei (kami) scintoisti indigeni. I padiglioni per il tè hanno sempre nomi poetici: Kasen-no-ma 'stanza per i poeti maestri', Shoken-den 'sala dove si invitano i saggi', Tekisei-ro 'padiglione per raccogliere le stelle'…

I giardini e tutta la cultura giapponese ruotano intorno al principio del 'cambiamento'; il giardino cambia di continuo adeguandosi alla stagione, e la bellezza effimera delle foglie autunnali si avvicenda con quella delle magnifiche (ma altrettanto effimere) fioriture primaverili. Grazie a una sapiente disposizione strategica delle specie, il giardino ha qualcosa da offrire in ogni parte dell'anno. In nessuna altra parte della terra il ciclo delle stagioni è vissuto con tale trasporto.

Per altre informazioni su questi argomenti:
"L'anima nascosta del Giappone" di Marcella Croce 
Marietti ed. Milano 2009
Questo il 5° appuntamento della serie MERAVIGLIE NATURALI
In questa serie sono stati già pubblicati i post:
Gran Canyon & Monument Valley 1978
Baia di Rio de Janeiro 1996 & 2009-11
Fauna del Pantanal (Brasile) 2010
Cratere del vulcano Stromboli in eruzione 1980
I prossimi post di questa serie saranno: 
Fauna del cratere dello Ngorongoro (Tanzania) 1984
Massiccio Tassili Hoggar (Sahara algerino) 1985
Isole Galapagos (Ecuador) 1995
Cascate di Iguaçu (Brasile & Argentina) 1996
Baia di Halong (Vietnam) 1999 & 2009
Ghiacciaio Perito Moreno (Patagonia argentina) 2012
TUTTI LUOGHI CHE LASCIANO A BOCCA APERTA PERCHE' LA NATURA è (o è stata) AL LAVORO, POTENTE E INDESCRIVIBILE
La lista non è esaustiva né completa, né segue un ordine di bellezza
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Tuesday, September 18, 2012

LA CULTURA ISLAMICA TRA ORIENTE E OCCIDENTE in previsione del 1° incontro della serie SCRITTURE DEL MONDO il 27 gennaio 2014 ore 17.30 presso il Museo delle Marionette Trav. Via Butera Palermo

Negli Stati Uniti chiamano corn belt una larga striscia di territorio americano che è uniformemente coltivata a granoturco. Dalla Bosnia europea fino al Rajastan indiano, si stende abbastanza compatta una grossa fascia per la quale potrebbero essere proposti vari nomi (carpet belt? yogurt belt? turquoise belt?), tutti relativi a una straordinaria cultura cui l'Islam, dall'arte dei tappeti a quella dei tessuti, dagli intarsi alle miniature, dagli smalti alle calligrafie, ha fornito saldo denominatore comune. Legni, stucchi, vetri, bronzi, ottoni: tutti i materiali esistenti sono stati usati, con una netta predilezione per il colore turchese nelle ceramiche. Anche la cultura materiale presenta alcune uniformità particolari: la tradizione dello yogurt ad esempio, usato ovunque in mille modi e ovunque squisito.

Una seconda fascia, sorella gemella (ma non identica) della prima, inizia nella parte meridionale della penisola iberica (Algarve e Andalusia), e attraversando il Marocco e tutto il Maghreb ('l'occidente') nordafricano, si riunisce alla prima in Siria. Non è una monotona monocultura la principale caratteristica di queste strisce lunghe migliaia di chilometri, ma una koiné culturale senza quasi soluzione di continuità, cui l'Iran ha fornito fondamentali contributi, specie nell'architettura. La cupola e l'esedra (eiwan) ne sono i segni più evidenti, l'arco persiano a quattro fuochi il marchio più noto.

Nella sua 'Introduzione alla Storia', opera fondamentale compilata in Marocco, Ibn Kahldun nel 14° secolo affermava che 'le scienze e le arti sono il risultato dell'abilità dell'uomo a pensare, con la quale egli si distingue dagli animali... la tendenza dell'arte alla raffinatezza e la qualità dello scopo perseguito per ottemperare alle richieste di lusso e di ricchezza, corrispondono alla civiltà di una determinata nazione'. Le parole di Kahldun, filosofo e storico al servizio del sultano di Fez, si attagliano perfettamente a tutto il complesso dell'arte islamica e alle sue sofisticate decorazioni. Uno splendido percorso in cui Asia centrale e India del Nord sono le estreme, fondamentali tappe.

Per altre informazioni su questi argomenti:
"Oltre il chador - Iran in bianco in nero" di Marcella Croce
Medusa ed. Milano 2006
1° premio Il Paese delle Donne Roma 2007

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Thursday, September 13, 2012

IL CRATERE DELLO STROMBOLI IN ERUZIONE - MERAVIGLIE NATURALI - 1980


IL CRATERE DELLO STROMBOLI IN ERUZIONE 1980
  
Benedetta, la cameriera dell'hotel l'aveva detto subito: "Io, dassupra? Ecchì c'ha gghiri a fari?",  mostrando come molti locali sano disprezzo e timore riverenziale per Iddu, il gigante che li sovrasta da sempre. Una delle scene più celebri del film Stromboli terra di Dio, che Roberto Rossellini girò con Ingrid Bergman nel 1949, mostra gli isolani, laceri e impoveriti oltre ogni immaginazione, che scrutano atterriti dalle loro barche le tremende ire del vulcano. Le parole di Benedetta bastarono a renderci ancora più curiosi dello Stromboli (dal greco Strongyle "trottola"), il vulcano più attivo d'Europa, noto come "faro del Mediterraneo" fin dai tempi delle prime civiltà che nella preistoria frequentavano assiduamente le isole Eolie in cerca della preziosa ossidiana. Volevamo vedere da vicino con i nostri occhi il responsabile dei continui boati e della sabbia nera che trovavamo ogni mattina depositata sul nostro balconcino. Una sera della lontana estate 1980, piano piano ci siamo inerpicati sui 926 metri del maestoso monte che sprofonda per altri 1700 metri giù in mezzo al mare; eravamo giovani, e ancora lontani erano i giorni in cui sarebbe divenuta obbligatoria la presenza di una guida. Per non scendere al buio attraverso i cosiddetti "sabbioni", avevamo deciso di rimanere lassù tutta la notte, o almeno fino all'alba, dormendo nel sacco a pelo (o meglio cercando di dormire), e poi riscendendo per lo stesso sentiero che costeggia l'imponente Sciara (in arabo "strada") del Fuoco.

In quest'isola straordinaria, dove anche le lucertole sono nere ("esse si so' vulcanizzate" avevamo sentito dire a dei turisti con forte accento napoletano), sembra di vivere un sogno reso ancora più irreale dall'assenza delle macchine; il paesaggio culturale, cioè umanizzato, graffia appena due piccole porzioni del grande cono vulcanico. Nella salita diventava più flebile il rombo del mare, ed erano sempre più piccole le case bianche dell'incantevole villaggio appeso alle pendici del vulcano. Alla luce della luna, gli occhi ancora pieni dei deliziosi giardinetti con le strepitose bouganville, dei sedili con le mattonelle di ceramica, dei pilastri (pilieri) fra le pergole, vedevamo scendere la notte. Oltrepassati i campi abbandonati un tempo fertili delle colture che rendevano l'isola quasi autosufficiente, erano ormai lontanissime le rade luci delle case che a Stromboli sostituiscono l'illuminazione stradale. Una reliquia dei lunghi millenni bui in cui la vita sull'isola non conosceva luce elettrica: Ginostra, aggrappata all'altra parte dell'isola senza averne mai veramente fatto parte, ne è stata priva fino agli anni '60. Solo il faro di Strombolicchio continuava indifferente a marcare il tempo solcando il buio della notte.

Diventavano invece sempre più vicini gli spruzzi di fuoco del cratere, che avevamo avvistato in lontananza dal cosiddetto "osservatorio", fino a quando fummo davanti, anzi leggermente sopra, il cratere dove era in scena l'eruzione, che da Stromboli prende appunto il nome di stromboliana, caratterizzata a intervalli regolari da fontane di lava che raggiungono centinaia di metri di altezza e dal lancio di lapilli e bombe vulcaniche infuocate che ricadono pesantemente nella caldera (vedi foto di Antonio Paulo da Silva jr.). Nel nostro caso, dopo circa un'ora di intenso spettacolo, il vento è mutato, siamo stati circondati da gas e fumo, e non abbiamo visto più nulla. Sotto di noi la terra, continuamente scossa da grandi sussulti, emanava calore. Non tutti gli arditi sono fortunati, nel senso che le condizioni atmosferiche possono all'improvviso mutare e impedire la visione, ma lui, il Signor Vulcano, non manca mai all'appuntamento, il suo dovere ancestrale lo fa sempre, nessun Ente del Turismo del mondo è mai riuscito a orchestrare uno spettacolo così eccezionale e così puntuale. Dopo la chiusura del sentiero per motivi di sicurezza, è stato da qualche anno aperto un  nuovo percorso alternativo, ma uguale è l'emozione di vedere le forze della natura al lavoro a pieno ritmo nel cratere, uno dei pochi luoghi in Europa senza tracce di presenza umana, in inglese si chiama wilderness, parola intraducibile in italiano, forse proprio perché da noi esiste solo qui. 
(pubblicato dalla Repubblica di Palermo il 28 agosto 2012)

In questa serie MERAVIGLIE NATURALI sono stati già pubblicati i post:
Gran Canyon & Monument Valley 1978
Baia di Rio de Janeiro 1996 & 2009-11
Fauna del Pantanal (Brasile) 2010
I prossimi post di questa serie saranno: 
Fauna del cratere dello Ngorongoro (Tanzania) 1984
Massiccio Tassili Hoggar (Sahara algerino) 1985
Isole Galapagos (Ecuador) 1995
Cascate di Iguaçu (Brasile & Argentina) 1996
Baia di Halong (Vietnam) 1999 & 2009
Aceri in autunno e fioriture primaverili a Kyoto (Giappone) 2005-2006 & 2010
Ghiacciaio Perito Moreno (Patagonia argentina) 2012
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Tuesday, September 11, 2012

FRUTTI DI MARE E ALGHE (Cibi sconosciuti di Sicilia)

Conchiglie di ostriche e patelle, insieme con ossa di pesci, resti fossili di pasti di epoca mesolitica, sono stati rinvenuti nel suolo della grotta dell'Uzzo, oggi inclusa nella Riserva Naturale dello Zingaro presso Castellammare del Golfo. Tutto l'universo dei frutti di mare è stato per molto tempo appannaggio dei poveri che, come nel Paleolitico, pescavano e raccoglievano presso le rive tutto ciò che era possibile (telline, patelle, granchi, ricci). Nella cucina siciliana non c'è quasi traccia della varietà di frutti di mare di cui si gloria la gastronomia delle città dell'Adriatico, le cui acque sono a basso contenuto salino e ricche di plancton e di detriti fluviali. Le acque siciliane, ancorché inquinate, sono troppo limpide e povere di nutrienti per mantenere queste faune di filtratori.
Sono d'importazione le cozze, le vongole e la maggior parte dei frutti di mare in vendita in Sicilia. A Palermo l'unica eccezione sono i ricci di mare, di cui i palermitani, come gli antichi romani molti secoli or sono, sono ghiottissimi. I ricci sottratti al mare non bastano comunque a soddisfare il mercato siciliano, e se ne sta tentando l'allevamento, che peraltro è quasi impossibile. Nel Mare Jonio la situazione è più favorevole, e al mercato della Piscarìa di Catania si possono trovare i fasolari (Callista chione), le cozzole (telline o Donax trunculus), le conche (chiocciola o lumaca di mare) e i muccuna o bulli imperiali (murici o Murex brandaris), gli stessi che i fenici trituravano in grande quantità per ottenere la preziosa porpora (phoenix) da cui presero nome.
Nel litorale ionico, quando se ne trovano ancora, dato che negli ultimi venti anni sono stati sterminati, si raccolgono gli occhi 'i vòi, ("occhi di buoi" o "orecchie di mare", Haliotis lamellosa), detti abalone nella costa occidentali degli Stati Uniti, dove sono giganteschi. Tra le specie conosciute dai pescatori soprattutto della costa ionica e occasionalmente usate anche dal punto di vista alimentare si citano: l'ogghiu (olio) a mare (Anemonia sulcata o anemone di mare), il cannolicchio (Solen marginatus o cannello), la cuppa liscia (Glycimeris glycimeris o piè d'asino), la cròcchiula di San Iapicu (Pecten jacobeus o conchiglia di San Giacomo), le minni di vacca (uovo di mare), la cròcchiula cutugnina, ovvero il Cardium edule usato per decorare le ceramiche del Neolitico, dette appunto cardiali. Sono molto apprezzate a Catania le alghe marine brune dalle foglie un po' ricce e reticolate, anch'esse in vendita alla Piscarìa. Le alghe crescono nelle acque a volte non proprio pulite delle coste rocciose, e si possono ancora trovare nei ristoranti di Aci Trezza e dintorni: sono i due tipi di mauri (vedi foto - Gigartina acicularis e Hypnea musciformis), che si mangiano crudi e tagliati a pezzetti nell'insalata di mare, e l'ulva, detta lattuga di mare a Napoli dove la friggono in pastella. Non risulta invece che i siciliani si siano mai nutriti di oloturie e di meduse, che in diversi paesi asiatici sono ricercate per essere essiccate o cucinate in vari modi.
Molto ricercati in Sicilia sono i crostacei e i molluschi: calamari, totani, polpi (maiolini con due file di ventose e moscardini con una sola fila), gamberi e gamberoni imperiali, che solo a mille metri di profondità e con potenti reti a strascico i pescatori riescono (spesso ahimè illegalmente) a strappare al fondo del mare. A Pantelleria la cucina locale è arricchita dai migroci, particolari gamberi della scogliera. 

Per altre informazioni su questi argomenti vedi il post:
http://blog.marcellacroce.com/2012/08/zucca-zucchine-e-fegato-dei-settecannoli.html
"Guida ai sapori perduti - Storie e segreti del cibo siciliano"
di Marcella Croce (Kalòs ed. Palermo 2a edizione 2012)
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Saturday, September 8, 2012

IL NATALE DEGLI SCIITI

Il Natale degli sciiti (in previsione del 1° incontro della serie SCRITTURE DEL MONDO
Shah-in-shah di R- Kapuscinski 27 gennaio 2014 ore 18 al Museo delle Marionette trav. Via Butera Palermo

Sembrava di essere in Italia nei giorni precedenti il Natale. A metà
del mese lunare di Shaban, le città iraniane si sono illuminate di
luci colorate intermittenti, e il traffico è diventato più che mai
frenetico: erano tutti in giro, non a comprare regali, ma a
festeggiare l'anniversario della nascita del loro amato 12° imam, il Mahdi,
scomparso (o meglio dileguatosi) nel 874 all'età di 13 anni. Per altri
sciiti la successione dei leader spirituali è completamente diversa:
Ismaele, figlio del sesto imam Jafar, morì prima del padre, una
circostanza che metteva in dubbio l'infallibilità e quindi l'autorità
stessa di Jafar, che l'aveva designato successore senza avere saputo
prevedere la sua fine. Mentre la maggioranza degli sciiti, anche se
malvolentieri, accettò che la successione andasse agli altri figli di
Jafar, gli Ismaeliti non furono d'accordo e rispettano tuttora
l'autorità dei discendenti di Ismaele. La serie continua ancora con
l'Agha Khan che è il loro imam vivente, 49° della serie.

Gli sciiti duodecimani spesso sfoggiavano un turbante con dodici
pieghe per mostrare la loro appartenenza religiosa. Il numero dodici è
particolarmente importante per loro, e ricorre spesso anche nelle
splendide moschee persiane che, con i loro quattro grandi eiwan, sono
sempre una trasposizione architettonica dei testi sacri dell'Islam. Ad
esempio, nella moschea dell'Imam ad Isfahan (definita 'una foresta di
simboli sciiti' da Henri Stierlin), il rettangolo della corte è
costruito con due triangoli rettangoli di Pitagora le cui proporzioni,
come è noto, sono 4+3 (cateti) +5 (ipotenusa)=12.

Per l'anniversario della nascita (tavallod) del Mahdi, come spesso
accade in Iran, nelle strade si offrono per voto (nasri) enormi
quantità di cibo a tutti i passanti, a parenti e vicini di casa, e
soprattutto ai più bisognosi. Per gli sciiti, famosi per i loro
tenebrosi ed inquietanti rituali di lutto, questa è una delle
pochissime feste caratterizzate dalla gioia. Prima della rivoluzione
del 1979, si faceva festa anche per l'anniversario della morte
dell'odiato califfo sunnita Omar che, rappresentato da un fantoccio,
veniva bruciato nella pubblica piazza. La festa era organizzata
esclusivamente da e per le donne che cantavano e ballavano per
celebrare l'avvenimento. Per l'occasione si vestivano sempre di rosso,
un tempo colore della gioia in Iran, ma scomparso dopo la rivoluzione
del '79 che ha bandito tutti i colori vivaci imponendo universalmente
a tutte le donne di vestire di nero, o di altri colori poco
appariscenti.

Khomeini, in una nuova visione ecumenica dell'Islam, proibì questo
tipo di festeggiamento, che tanto ricorda le vecchie ostilità fra
cattolici e protestanti, riuscendo ad inculcare il concetto che tutti
i musulmani devono essere comunque considerati fratelli. I sunniti (da
sunna 'tradizione'), sono più restii a cambiare le regole e non hanno
mai condiviso la tendenza degli sciiti alla venerazione e
santificazione degli imam, per loro decisamente idolatrica. Le
dottrine degli sciiti sono comunque riconosciute come la quinta scuola
giuridica di diritto coranico, che dal sesto imam prende il nome di
Jafar. Ciascuna delle altre quattro (hanafita, malikita, safiita e
hanbalita) corrispondono a diversi gradi di rigore nell'applicazione
dei precetti religiosi.

Per ulteriori informazioni su questi argomenti:
http://blog.marcellacroce.com/2012/08/sunniti-e-sciiti-in-previsione-del.html
http://blog.marcellacroce.com/2012/08/eid-e-fetr-lo-spirito-del-ramadan.html
da  "Oltre il chador -Iran in bianco e nero" di Marcella Croce
Medusa ed. Milano 2006 1° premio Il Paese delle Donne Roma 2007

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Sunday, September 2, 2012

FAUNA DEL PANTANAL (Meraviglie naturali del mondo)

Fauna del Pantanal in previsione della proiezione di sabato 8
settembre ore 19.30 BRASILE di ANDREA MATRANGA
Centro Studi AnM Viale Orfeo 20 Mondello Palermo

Grande più di mezza Italia, il Pantanal è la più grande zona umida del
mondo, e ospita una delle maggiori concentrazioni di fauna selvatica
esistente. Come dice il suo nome, è completamente coperto dall'acqua
in alcuni mesi dell'anno, i mesi migliori per visitarlo sono quindi
quelli secchi che corrispondono alla nostra estate. Gran parte del
territorio è occupata da enormi fazende, dove i cowboys locali
(vaqueiros) si occupano dell'allevamento dei bovini. Tutto il
Sudamerica è caratterizzato da enormi proprietà terriere, la legge
brasiliana ha cercato di limitare questa concentrazione di ricchezza
stabilendo che nessun fazendero possa essere proprietario di più di 99
fazende indipendentemente dalla loro grandezza. Per non intaccare il
grande patrimonio ambientale della regione, la legge del Mato Grosso
do Sul stabilisce che i fazenderos debbano lasciare allo stato
naturale almeno il 20% del territorio di loro proprietà.

Nel 1829 la famiglia Coelho si trasferì dallo stato del Minas Gerais
nel Mato Grosso Do Sul, dove il capostipite Laucidio iniziò la sua
fortuna comprando bestiame e acquistando terra. Quattordici anni fa i
Coelho hanno aperto ai turisti la fazenda San Francisco che possiede
3500 capi di bestiame e ben 14800 ettari, il 40% dei quali sono
riserva naturale. I turisti (al massimo una quarantina) alloggiano in
stanze spartane ma confortevoli, e usufruiscono di tre escursioni
naturalistiche al giorno, effettuate oltre che a piedi, con una
varietà di mezzi di trasporto: barca, canoa, cavallo, bicicletta e uno
speciale veicolo appositamente realizzato per safari fotografici.
Roberta Coelho, 29 anni, dopo studi in biologia, amministrazione e
turismo, è manager full time (e all'occorrenza anche inserviente!)
della fazenda familiare, e guida spesso personalmente le escursioni.
Incredibilmente abbondante è la fauna presente sul territorio, in
gran parte endemica del Sudamerica: capibara (il più grande roditore
vivente), armadilli, formichieri, e una incredibile quantità e varietà
di uccelli. La notte risuona dei richiami di gufi e civette, mentre si
aggirano discretamente gli orsetti lavatori (o procioni), e con un po'
di fortuna si possono avvistare giaguari e ocelot. Il fiume è
affollatissimo dei voraci pesci piranha e di jacarè (caimani).

Non lontano dal Pantanal, Bonito è l'ultima arrivata fra le zone di
interesse turistico in Brasile. La cittadina è al centro di una
notevolissima serie di "attrazioni" tra le quali vanno segnalati il
Buraco das Araras (vedi foto di Andrea Matranga), un grandissimo
"buco" naturale di circa 500 m. di circonferenza e 80 di profondità
dove alberga una nutrita colonia di colorati pappagalli Arara, la
Gruta Azul nel cui fondo brilla un lago azzurrissimo, e alcuni dei
fiumi con le acque più limpide del mondo: lasciandosi portare dalla
leggera corrente e galleggiando in superficie (flutuação), si possono
osservare da vicino e fotografare molti coloratissimi pesci. Nelle
graziose pensioni (pousadas) e nei ristoranti di Bonito, è offerta la
comida pantaneira, caratterizzata dalle carni di capivara e caimano,
allevate di proposito e quindi ecologicamente corrette. Tutta la zona
è abitata anche da varie etnie indigene tra le quali la più numerosa è
quella dei Terema.

In questa serie sono stati già pubblicati i post:
Gran Canyon & Monument Valley 1978
Baia di Rio de Janeiro 1996 &2009-11
http://blog.marcellacroce.com/2012/08/grand-canyon-monument-valley-1-post.html
http://blog.marcellacroce.com/2012/08/baia-di-rio-de-janeiro-brasile-1996.html
I prossimi post di questa serie saranno:
Cratere del vulcano Stromboli in eruzione 1980
Fauna del cratere dello Ngorongoro (Tanzania) 1984
Massiccio Tassili Hoggar (Sahara algerino) 1985
Isole Galapagos (Ecuador) 1995
Cascate di Iguaçu (Brasile & Argentina) 1996
Baia di Halong (Vietnam) 1999 & 2009
Aceri in autunno e fioriture primaverili a Kyoto (Giappone) 2005-2006 & 2010
Ghiacciaio Perito Moreno (Patagonia argentina) 2012
TUTTI LUOGHI CHE LASCIANO A BOCCA APERTA PERCHE' LA NATURA è (o è
stata) AL LAVORO, POTENTE E INDESCRIVIBILE
La lista non è esaustiva né completa, né segue un ordine di bellezza.

Marcella       www.marcellacroce.com        blog.marcellacroce.com
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Thursday, August 30, 2012

SUNNITI E SCIITI in previsione del 1° incontro della serie SCRITTURE DEL MONDO - Shah-in-shah di R- Kapuscinski al Museo delle Marionette trav. Via Butera Palermo 27 gennaio ore 18

Sunniti e Sciiti

Dopo la morte di Maometto, i leader politici e spirituali dei
musulmani furono gli halifa (califfi) che venivano scelti per i loro
meriti ad assumere il 'Manto del Profeta'. Dopo i primi tre (Abu Bakr,
Omar e Uthman), il califfo fu Ali, cugino del Profeta che era anche
suo genero per averne sposato la figlia Fatima. Da quel momento in poi
gli sciiti (shia Ali 'seguaci di Ali'), vollero che l'egida
rimanesse nella famiglia del Profeta e che si tramandasse per diritto
ereditario. Ali, il cui onnipresente ritratto è assai somigliante alle
immagini canoniche di Gesù Cristo, fu padre di Huseyn e capostipite
dei dodici imam sciiti, gli unici cui secondo loro si può attribuire
tale titolo. Ognuno degli imam fu barbaramente assassinato o ucciso in
battaglia, tranne il Mahdi (Salvatore), 'il ben guidato', ultimo della
serie, che fu costretto a nascondersi per difendersi dalle
persecuzioni del califfo sunnita. Dopo di lui il titolo è stato
riconosciuto solo a Khomeini, ma con valore solo onorifico.
I sunniti non riconobbero tale principio ereditario, e per loro un
'imam' è più o meno ciò che per noi è un parroco. Lo sciismo serpeggiò
per secoli nella regione incarnando le speranze e le rivendicazioni di
una minoranza governata dai più forti, cioè dai califfi Omayyadi e
Abbasidi. Divenne religione ufficiale dell'Iran solo nel 16° secolo,
quando la dinastia Safavide ne fece una bandiera per la creazione di
una coscienza nazionale, autoproclamandosi 'cani da guardia sulla
soglia di Ali'. Per strano parallelismo, nella chiesa cattolica i
domenicani si definiscono Domini canes ('cani da guardia del
Signore'), e il cane è l'emblema del loro ordine.

Il 12° imam (Mahdi) scomparve (o meglio si dileguò) nel 874 all'età di 13 anni.
Gli scettici ipotizzano a bassa voce che in realtà il Mahdi non sia
mai neanche esistito, e che sia stato inventato da chi non voleva
ammettere che l'undicesimo imam Hassan al-Askari, non avesse avuto
figli, cosa in effetti molto difficile da accettare per un musulmano.
Con la sua fede nel ritorno del Mahdi lo sciismo si allinea con il
cristianesimo, il giudaismo e molte altre fedi antiche, nel novero
delle religioni soteriologiche. Gesù Cristo per i cristiani verrà alla
fine dei tempi per giudicare i vivi e i morti, l'attesa del Mahdi
(chiamato anche 'Imam del Tempo' o 'Signore dell'Era presente') è
invece molto più concreta e quindi simile a quella del Messia ebraico.
Tantissimi in Iran lo aspettano fiduciosi, così solo si può
comprendere a pieno l'entusiasmo con il quale gli iraniani
storicamente hanno accolto chi giudicavano in quel momento il loro
Salvatore. Un entusiasmo che diviene addirittura travolgente quando
l'eroe, venerato per la sua integrità e coerenza, è giudicato oggetto
di ingiusta persecuzione da parte di un usurpatore. E' esattamente ciò
che si è verificato con Ali, 'leone di Dio', con Huseyn, 'Principe dei
Martiri' e con tutti gli altri imam.

E' ciò che è accaduto nella leggenda con Rostam, 'figlio di Zal', eroe
dello Shanameh di Ferdowsi, ma è anche ciò che è accaduto nella realtà
con Khomeini, trionfalmente abbracciato da una folla strabocchevole al
suo ritorno in Iran nel 1979. E' anche ciò che era accaduto negli anni
'50 con il carismatico primo ministro Mohammad Mossadeq. Mossadeq per
gli iraniani era una 'figura simile ad Alì, un uomo di grande
rettitudine e dedizione disposto a prendere su di sé i dolori e i
fardelli di un'umanità imperfetta'. Nel 1951 egli aveva osato
nazionalizzare il petrolio iraniano, e nel 1953 fu per questa ragione
silurato da un colpo di stato orchestrato da Inghilterra e Stati
Uniti. Mossadeq è ancora un eroe nazionale nel cuore di tanti che non
perdonano alle potenze occidentali di avere così soppresso l'unico
breve tentativo di democratizzazione mai messo in pratica nella storia
dell'Iran.

Gli sciiti osservanti credono che il Mahdi sia ancora vivo. La prima
volta che l'ho sentito dire ero molto stupita da queste affermazioni.
In seguito mi è capitato di menzionare alcuni dogmi e credenze della
Chiesa cristiana con i miei studenti (insegnavo italiano all'Università di Isfahan)
e ho visto la massima incredulità disegnarsi sui loro volti: per chi non ne ha mai sentito
parlare, la verginità della Madonna, la resurrezione di Cristo, la
presenza di Cristo nell'Eucaristia, sono fonte di identico
stupore.Sembra che il ritorno del Mahdi, atteso da tutti perché
segnerà la salvezza del mondo, sia molto probabile in periodi
particolarmente insanguinati da guerre. Se è così, allora sicuramente
abbiamo al momento concrete speranze di vederlo venire (e, possiamo
aggiungere, speriamo che arrivi presto...)

PER ULTERIORI INFORMAZIONI SU QUESTI ARGOMENTI: "Oltre il chador -
Iran in bianco e nero" di Marcella Croce (Medusa ed. Milano) 1° premio
"Il paese delle Donne Roma 2007
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Tuesday, August 28, 2012

BAIA DI RIO DE JANEIRO (Meraviglie naturali del mondo)

BAIA DI RIO DE JANEIRO

Sebbene la baia sia oggi popolata da una megalopoli di 12 milioni di
abitanti, è questa una delle meraviglie naturali del mondo. I panorami
mozzafiato (vedi foto del Cristo Redentore) incantano ogni visitatore,
e devono avere profondamente colpito anche i primi esploratori
portoghesi che vi entrarono il 1º gennaio del 1502 e che, pensando si
trattasse della foce di un fiume, lo battezzarono Rio De Janeiro. La
corsa all'oro brasiliana dopo il primo ritrovamento nel 1695 fu
travolgente. La Strada Reale, che permetteva alle carovane di muli di
trasportare l'oro e i diamanti dallo stato di Minas Gerais fino ai
porti di Paraty e di Rio de Janeiro, rese ricca la città.

Nel 1808, fuggendo dall'invasione napoleonica del Portogallo, vi si
trasferì la famiglia reale portoghese con il reggente Dom Joao e circa
15000 nobili. La capitale del regno venne trasferita da Salvador de
Bahia a Rio, che divenne quindi l'unica capitale europea al di fuori
dell'Europa. Siccome non c'erano spazi né strutture urbane per
accomodare tutta la corte, molti abitanti vennero semplicemente
sfrattati dalle loro abitazioni. Il reggente si innamorò del Brasile,
e non volle più tornare in Portogallo anche quando divenne re con il
nome di Dom Joao VI. Fondò l'Orto Botanico dove è tuttora possibile
osservare la strepitosa fauna tropicale (vedi foto di Andrea Matranga
con fiore di eliconia). La foresta di Tijuca è la più grande foresta
urbana del mondo, regno della Mata Atlantica, la splendida foresta
pluviale che prima dell'arrivo degli europei cresceva rigogliosa lungo
tutta la costa e in gran parte dell'interno della parte meridionale
del Brasile.

Per gli abitanti locali (carioca) e per i visitatori, Rio non è avara
di irresistibili attrazioni: i chilometri di spiaggia e l'animata vita
notturna invitano al dolce far niente, i ritmi della bossa nova
preludono alla nostalgia (saudade), il samba introduce alla frenesia
del Carnevale, mentre il celebre Pan di Zucchero e le altre formazioni
rocciose che circondano la baia sono il paradiso degli amanti
dell'arrampicata sportiva. Aggrappate alle colline e affacciate sui
migliori panorami del mondo, sono cresciute come funghi le tristemente
note favelas, preda della criminalità e dei trafficanti di droga, di
recente in parte "pacificate" con l'intervento dell'esercito. Per
queste zone off limits oggi esistono programmi di recupero e non manca
addirittura chi prevede un futuro turistico impensabile fino a poco
tempo fa. Nel frattempo la cidade maravilhosa del Brasile si prepara
ai Mondiali di calcio del 2014 e alle Olimpiadi del 2016.

In questa serie è stato già pubblicato il post:
Gran Canyon & Monument Valley
http://blog.marcellacroce.com/2012/08/grand-canyon-monument-valley-1-post.html

Ancora Brasile nel post:
http://blog.marcellacroce.com/2012/09/fauna-del-pantanal-in-previsione-della.html
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Friday, August 24, 2012

ZUCCA, ZUCCHINE E FEGATO DEI SETTECANNOLI

ZUCCA, ZUCCHINE E FEGATO DEI SETTECANNOLI
1° post della serie CIBI SCONOSCIUTI DI SICILIA

Un tempo, per la maggior parte dei siciliani, la carne era un vero
lusso, riservato solo a specialissime occasioni; dalle cronache e dai
ricordi di un passato neanche tanto lontano, possiamo dedurre che il
principale ingrediente sulle tavole dei siciliani era la fame. I
siciliani non hanno mai usato molta fantasia nella cottura della carne
che, più che per il gusto, era ricercata soprattutto come importante
status symbol cui molti non volevano rinunciare. C'era però un piatto
che, a una certa distanza, consentiva almeno di mantenere la faccia
con i vicini a chi non poteva permettersi neanche il fegato o altre
frattaglie: la zucca in agrodolce, anche detta 'fegato dei
Settecannoli', dal nome di un poverissimo quartiere palermitano. La
frittura dava alla zucca il colore giusto per creare l'illusione della
carne anche a se stessi; lo zucchero, l'aceto e la menta la
insaporivano. Proprio questi stessi sono gli ingredienti citati da
Apicio per la sua ricetta della cucurbitas more alexandrino ('zucca
all'uso alessandrino'): indubbiamente anche gli antichi romani
sentivano il bisogno di aggiungere una salsa fortemente aromatica a un
vegetale di per sé non molto saporito.

Malgrado l'esistenza del detto conzala come vuoi, sempre cucuzza è
(condiscila come vuoi, è sempre zucchina), molti siciliani di una
certa età apprezzano la zucchina in umido, e sono convinti che
possieda particolari virtù terapeutiche per le funzioni intestinali,
delle quali non esitano a discutere anche nelle conversazioni più
salottiere. In Sicilia esiste una zucchina lunga 50 o 60 cm (vedi foto n.2) che lascia
di stucco tutti i visitatori, italiani o stranieri che siano, e le cui
foglie sono utilizzate per l'apprezzatissima minestra con i tenerumi.
La zucchina più comune è piuttosto piccola e di colore verde scuro;
una zucchina verde chiaro, più lunga e più grossa, costituisce la base
per il condimento della pasta con la zucchina fritta.

Esistono numerosi altri tipi di zucchina che non hanno mercato o non
vengono coltivati in Sicilia. Trova invece un particolare uso in
pasticceria la cosiddetta zucchina (cucuzza) baffa (vedi foto n.1), di cui molti non
sospettano nemmeno l'esistenza. I veri intenditori la conoscono bene;
Maria Grammatico che, se vivesse in Giappone, sarebbe stata da tempo
dichiarata Tesoro Nazionale della pasticceria siciliana, conosce un
contadino che la coltiva amorosamente e gliela consegna a domicilio
nel suo famoso laboratorio di Erice. La cucuzza baffa è di colore
verde chiaro, ha le dimensioni di un'anguria oblunga e può pesare
anche 18 Kg. Tagliata a strisce e messa in salamoia in tini di legno
(bottazzi), viene poi candita con lo zucchero per ottenere la zuccata
(cucuzzata), importante decorazione di molti dolci fra cui la cassata.
Per questo scopo è comunque possibile usare molti altri tipi di
zucchina tra cui la centinara che è molto più piccola, un po' pelosa e
ha forma di pera. Data l'oggettiva difficoltà a trovare la baffa,
questo è quello che i non integralisti finiscono col fare.
Possono essere inseriti nelle frittate o fritti in pastella i
bellissimi fiori di zucca; anche i fiori di sambuco possono fare la
stessa gloriosa fine, o essere inseriti nella pasta del pane, una
volta seccati in modo particolare come si usa fare in molte zone della
provincia di Enna.
Per maggiori informazioni su questi argomenti:
Guida ai sapori perduti di Marcella Croce
(Kalòs ed. Palermo 2a edizione 2012)
Marcella
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Tuesday, August 21, 2012

Grand Canyon & Monument Valley (MERAVIGLIE NATURALI)

GRAND CANYON & MONUMENT VALLEY (USA 1978)
1° post della serie:
LE MERAVIGLIE NATURALI PIU' STRAORDINARIE VISTE NEL CORSO DI 40 ANNI
DI VIAGGI IN TUTTO IL MONDO
Avevo da poco saputo di essere incinta. Da due anni io e mio marito
Giovanni studiavamo all'università del Wisconsin e avevamo da tempo
progettato per quell'estate del 1978 un lungo viaggio di tre mesi in
tenda attraverso USA, Messico e Guatemala. Che fare dopo la lieta
notizia? Rinunziare? Non proprio, infatti siamo partiti e abbiamo
ugualmente fatto tutto il viaggio come previsto: unico inconveniente
una gastroenterite da me beccata in Messico che non aveva nulla a che
fare con la gravidanza, ma piuttosto con succhi comprati in mezzo la
strada in una cittadina della infuocata Baja California: prima di
decidere l'itinerario non ci eravamo neanche informati del clima della
zona che in estate è torrido!

Meta obbligata del viaggio il Grand Canyon dove eravamo intenzionati a
scendere a piedi. Il cammino più battuto era chiuso a causa di frane,
quindi abbiamo percorso il canyon laterale del Bright Angel, che è
ancora più lungo (ci sono voluti tre giorni per scendere e tre per
salire). Una bella fatica, cercando di evitare il caldo delle 2 del
pomeriggio quando tutto si fermava tranne i rangers del parco che
continuavano le loro ispezione (patrolling) dei sentieri. Grandiosità
del paesaggio e spazi infiniti, ovunque natura senza tracce di
presenza umana, in inglese si chiama wilderness, parola intraducibile
in italiano, forse proprio perché da noi esiste forse solo nel cratere
del vulcano Stromboli. La quintessenza della wilderness è nel parco che molto
appropriatamente si chiama Monument Valley, icona del Far West. E veri
e propri monumenti naturali infatti sono le celebri formazioni
rocciose, in cui il deserto assume straordinari colori specialmente
all'alba e al tramonto.

Ognuno dei parchi americani (Bryce, Zion, De Chelly, per menzionare
solo alcuni fra i più splendidi) ha sentieri ben tracciati e ben
tenuti, e qualche particolarità che lo rende unico. Nei campeggi il
comfort è minimo, ma in compenso tutto costa poco, per ogni tenda c'è
tanto spazio a disposizione, e non manca mai il barbecue e il grande
tavolo di legno con le panchine. Ogni parco organizza programmi
educativi e visite guidate per tutte le età, distribuisce e vende
ottimo materiale illustrativo. E appena fuori dei parchi, nelle
cittadine dove si respira ancora il sapore del Far West, può capitare
di assistere a un vero rodeo, e di vedere cowboys con tanto di
cappello a falde che entrano ed escono dal saloon.

I prossimi post di questa serie saranno:
Cratere del vulcano Stromboli in eruzione 1980
Fauna del cratere dello Ngorongoro (Tanzania) 1984
Massiccio Tassili Hoggar (Sahara algerino) 1985
Isole Galapagos (Ecuador) 1995
Baia di Rio de Janeiro (Brasile) 1996 & 2009
Cascate di Iguaçu (Brasile & Argentina) 1996
Baia di Halong (Vietnam) 1999 & 2009
Aceri in autunno e fioriture primaverili a Kyoto (Giappone) 2005-2006 & 2010
Fauna del Pantanal (Brasile) 2010
Ghiacciaio Perito Moreno (Patagonia argentina) 2012
TUTTI LUOGHI CHE LASCIANO A BOCCA APERTA PERCHE' LA NATURA è (o è
stata) AL LAVORO, POTENTE E INDESCRIVIBILE
La lista non è esaustiva né completa, segue un ordine di tempo ma non
di bellezza.

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Sunday, August 19, 2012

EID-é- FETR - LO SPIRITO DEL RAMADAN


EID-é-FETR - Lo spirito del Ramadan

Ogni anno inizia 10 giorni prima dell'anno precedente, e in 36 anni
circa il ciclo ricomincia. E' il nono mese lunare del calendario
islamico, in Iran detto Ramazan: per 28 o 29 giorni consecutivi,
dall'alba al tramonto, niente cibo, niente bevande, niente fumo e
niente sesso. Specie quando come quest'anno cade in estate, le calde e
lunghissime giornate rendono l'impresa particolarmente dura. Gli orari
di negozi e uffici sono profondamente alterati, le abitudini e i ritmi
della vita quotidiana subiscono molto spesso un drammatico
rallentamento. In Iran dove ho insegnato italiano all'Università di
Isfahan dal 2003 al 2005, il regime degli ayatollah impone che il
digiuno, almeno ufficialmente, sia osservato indistintamente da tutti;
per legge i ristoranti, tranne quelli degli alberghi dove ci sono
stranieri, devono rimanere chiusi. Anche gli stranieri devono comunque
evitare di mangiare o bere in pubblico o per strada.
L'inizio e la fine del mese dipendono strettamente dalle fasi lunari;
al giorno d'oggi dovrebbero quindi essere scientificamente
prevedibili. Secondo la tradizione, sono però necessari dei testimoni
oculari e le guide spirituali ci tengono molto a mantenere il
privilegio di annunciare pubblicamente la comparsa del primo,
infinitamente piccolo, falcetto di luna. All'annuncio ufficiale,
persone dello stesso sesso che non si conoscono fra loro, si sentono
in dovere di congratularsi a vicenda, abbracciandosi e baciandosi.
Fino a quel momento nessuno potrà essere sicuro delle date, che spesso
variano leggermente da una nazione all'altra.
Per la festa dell'ultimo giorno del mese (Eid-é-Fetr), tempo di grandi
celebrazioni in ogni paese musulmano, la mia amica Sadigh mi aveva
invitata a casa sua. 'Alla fine del mese di digiuno, mi ha spiegato, è
costume degli sciiti e mangiare un pezzettino di mohr, il piccolo
pezzo di argilla usato per appoggiare la fronte a terra durante la
preghiera. Si dice che provenga dalle città sante Kerbala e Najaf in
Iraq'. Ogni moschea in Iran conserva al suo interno interi monticelli
di mohr pronti per l'uso: ricordano al fedele che il Profeta, quando
egli istituì le cerimonie islamiche, toccò la terra con la fronte.
Dalla terra fu creato l'uomo, e nella terra tutti gli esseri umani
andranno a finire e si disintegreranno. Usare il mohr è sempre
opzionale, e viene sconsigliato durante il pellegrinaggio alla Mecca:
è una delle tante usanze e credenze sciite che i sunniti considerano
idolatriche. In Iran alcune persone fanno un uso così continuo del
mohr da avere ormai una vera e propria impronta circolare sulla
fronte.
Nel 2003 l'Eid-è-Fetr cadeva il 26 novembre e così è venuto a
curiosamente coincidere con una delle più importanti ricorrenze
americane, quella del Thanksgiving. Entrambe le festività sono giorni
del Ringraziamento: gli americani, come fecero i Padri Pellegrini nel
17° secolo, ringraziano di avere cibo sulle loro tavole, i musulmani
ringraziano di avere avuto la forza di onorare uno dei cinque
'pilastri' della loro fede. I più tradizionali, prima dell'abboffata
finale, in propiziazione di altre simili occasioni future, si passano
sul volto le mani, dopo averle imposte su un piatto di riso crudo.
Alcuni pensano che il nome del Ramazan sia così sacro da coincidere
con quello di Dio stesso e che vada sempre menzionato accompagnato
dalla parola 'mese'. Il Ramazan non è solo privazione corporale:
almeno nelle intenzioni dovrebbe costituire anche un potente richiamo
all'arricchimento dello spirito. E' il mese delle 'buone azioni':
particolarmente in questo mese tutti, compresi coloro che per ragioni
di salute sono esentati dal digiuno, devono essere particolarmente
gentili con il prossimo e perfino con gli animali, non possono
pronunciare bugie né parole false, scortesi o blasfeme.
Gli occidentali che osservano da vicino il puntuale rito del digiuno,
ne penetrano a fatica la realtà, ritraendosi sgomenti da tanta
determinazione. Anche dai cristiani venivano un tempo richiesti atti
pubblici di estrema devozione. Ad esempio, la Quaresima consisteva in
40 giorni di dure privazioni, al punto che si usava spezzarla con una
specie di anticipo del Carnevale, la festa di Mezza Quaresima. Non
mancavano però anche coloro che pagavano offerte alla chiesa per
esimersi del tutto dall'astinenza.
Non dobbiamo sorprenderci nell'apprendere che, tra coloro che non
esitano un istante a impegnarsi in prima persona nello strenuo
sacrificio personale del Ramazan, vi siano anche persone che religiose
non sono affatto. Un'ardente fede religiosa è una delle motivazioni,
ma non la sola, che sta alla base della decisione di sottoporsi a così
dure prove. Altri misteriosi meccanismi della coscienza umana giocano
importantissimo ruolo e tutti contribuiscono ad affermare
prepotentemente l'identità etnica dell'individuo: è la forza del
gruppo, è la 'psicologia del mucchio', è la volontà di buttarsi a
capofitto nella catarsi di un rito di massa, è un voler sfidare le
proprie forze, la propria volontà, la propria capacità di resistenza.
Tra i tanti che, anche se non richiesti, mi annunciavano la propria
entusiastica adesione al digiuno rituale, c'è stato anche chi ne
sbandierava i supposti vantaggi psicofisici che affinerebbero
all'unisono menti e corpi, e c'era chi segretamente, ora che grasso
non è più tanto bello neanche fra i musulmani, prendeva questa come
l'occasione buona per perdere qualche chiletto.
Per 29 giorni, a secondo degli orari del sole, il muezzin aveva
annunciato l'inizio e la sospensione del digiuno. Sadigh mi raccontava
che il pasto delle prime ore del mattino (sahar) viene consumato per
lo più individualmente, assaporando in silenzio, insieme al cibo, il
momento magico precedente il consueto richiamo alla preghiera (azan):
l'ora ancora buia viene ritenuta particolarmente preziosa per il
raccoglimento personale. Subito dopo il calar del sole, il pasto della
sera (eftar) è invece sempre una bella occasione di riunione
familiare, un momento di contentezza generale. Nelle case, nelle
scuole, nelle strade, avevo visto ogni sera la gente stringersi
assieme, mentre gli osservanti si congratulavano silenziosamente con
se stessi per avere ancora una volta vinto la loro scommessa
personale. Gli eftar (cioè 'rompere' il digiuno, identico significato
letterale di breakfast, 'prima colazione' in inglese) nascono con il
precipuo scopo di ristorare i digiunanti, ma sono di sicuro gradimento
anche per chi il digiuno non l'ha mai iniziato. Di solito ristretti al
solo ambito familiare, possono anche essere occasioni sociali vere e
proprie: il Rettore dell'Università di Isfahan dove ho insegnato
italiano, offre ogni anno un eftar all'intero corpo accademico durante
il mese di Ramazan.
Semplice acqua calda e zucchero, poi pane, biscottini e dolcini vari
(in Iran frittelle particolari – zolbia e bamieh - a base di yogurt o
di uova), ma soprattutto tè e datteri, e ogni sorta di cibi, per
celebrare collettivamente il ritorno alla vita dalla strana
sospensione del tempo: il Ramazan è anche una delle tante occasioni in
cui in Iran grandi quantità di pietanze varie sono offerte per strada
da qualcuno che intende così esaudire un voto (nasr) e praticare
pubblicamente la zakat, l'elemosina prescritta dal Corano. L'obbligo
dell'elemosina viene ovunque ricordato dalla muta presenza di
innumerevoli cassette blu e gialle, disseminate per questo scopo nei
negozi, negli uffici pubblici, in tutti gli angoli delle strade.
Il principio generale (non sempre seguito alla lettera da tutti) è
quello che ciò che non mangiamo, va regalato ai poveri. 'Il Ramazan,
mi spiegava Sadigh, è considerato anche una preziosa opportunità per
capire davvero chi prova la fame, e chi soffre in generale, per
apprezzare fino in fondo il valore del cibo e dell'acqua. Il brusco
cambiamento nelle proprie abitudini personali ha per scopo di spingere
il fedele a una revisione dell'intera propria esistenza, adottando per
quel determinato periodo un punto di vista radicalmente diverso. Ogni
giorno che passa, si legge una delle 30 parti in cui è diviso il
Corano, ogni giorno è occasione di rinascita, ed è anche occasione di
perdono per i propri peccati'. Un po' come avviene con le nostre
indulgenze, la benedizione viene considerata mille volte più forte in
questo periodo.
In alcuni paesi musulmani, come ad esempio il Marocco, il mese del
digiuno è tempo e motivo per far bisboccia tutte le sere, e dormire
durante il giorno; gli iraniani, più moderati, limitano i grandi
festeggiamenti a tre sole occasioni, e precisamente il 19°, 21° e 23°
giorno. In quei giorni donne iraniane particolarmente devote
esaudiscono un voto ed aprono la loro casa ad amiche e conoscenti per
un ricevimento (ghadr). Gli sciiti credono che Maometto, affiancato
dall'imam Alì, suo cugino e genero, ebbe la rivelazione dell'intero
Corano in una sola notte, che potrebbe essere ciascuna di queste tre.
Assistere ad una di queste veglie (ahya) è stata per me un'esperienza
straordinaria: un centinaio di donne di tutte le età, tutte vestite a
nero dalla testa a piedi (molte con gioielli, pizzi e raffinati
vestiti ricamati), accoccolate per terra sugli splendidi tappeti di
una grande ed elegantissima casa, alternavano fino alle tre del
mattino le preghiere collettive alle chiacchiere e ai cibi
tradizionali. A guidare tutte queste 'vedove', c'era anche una
recitatrice professionale del Corano ingaggiata per l'occasione,
sembrava un film, o meglio un documentario sull'Islam.

Per altre informazioni su questi argomenti:
"Oltre il chador - Iran in bianco e nero" di Marcella Croce
ed. Medusa Milano 2006 1° premio Il Paese delle Donne Roma 2007


Marcella Croce www.marcellacroce.com     blog.marcellacroce.com
marcellacroce@gmail.com   cell. +39 340 6678233
Responsabile Centro Studi Avventure nel Mondo Palermo
http://www.angolodellavventura.com/regioni/sicilia/palermo/centro_studi.html

Friday, August 17, 2012

Ferragosto, che passione

Ferragosto, che passione

Sono le dieci del mattino del 15 agosto, il numero delle macchine
aumenta, come da copione, da ogni lato ci assediano bagnanti,
ombrelloni e sedie a sdraio: l'avevamo capito tutti prima ancora di
leggerlo sui giornali, i palermitani quest'anno non sono potuti andare
in vacanza. Io annaspo ancora, cercando di rimuovere l'invadente
senso di avvilimento che va montando da giorni. Fino alla ciliegina
sulla torta della sera precedente: l'edificante visione, per me
totalmente inedita, della spiaggia di Mondello stracolma di gente in
attesa del passaggio del Ferragosto come se fosse la cometa di un
nuovo inebriante Carnevale.
A forza di evitare da trent'anni i veglioni di Capodanno e il Festino
di Santa Rosalia, di schernire nell'intimo gli incalliti che
pervicacemente si incolonnano verso Mondello per santificare in
macchina la loro domenica, di compiangere la gente pazientemente in
fila per entrare negli shopping centers, di non guardare la
televisione per paura di vedere talk shows, reality shows, quiz e
Grande Fratello, si rischia grosso, si rischia di perdere il polso
della dura realtà.
Il trucco è sempre lo stesso e funziona ancora molto bene anche se è
passato appena qualche millennio e se le dimensioni del fenomeno si
sono allargate a dismisura: Panem et circenses era la ricetta dei
romani, Feste forni e forche le immancabili tre 'effe' degli spagnoli.
Da un paio di secoli, a molti di noi è divenuto impossibile
compiacersi della vista delle sofferenze altrui, le nostre menti
illuminate accettano però perfettamente i giochi cruenti se propinati
in modo virtuale; spesso il sangue è proprio vero, ma viaggia
attraverso la TV o Internet. In compenso l'orgia collettiva è
assolutamente concreta e godibile, l'offerta è in continuo incremento,
non è certo gratis, né sta più appesa sull'albero della cuccagna, ma
basta osservare i dettami e le regole della grande abboffata e cercare
di arraffarsi tutto per primi. Qualcuno ha già in programma di
invitare anche i marziani ad osservarci attivamente all'opera nella
nostra continua 'carnevalizzazione della vita' (secondo un'espressione
di Umberto Eco), così le multinazionali troveranno altri mercati in
espansione. Quando il divertimento è miscelato con alcol, sesso e
droga, il prodotto diviene davvero esplosivo, l'imperativo categorico,
specie sotto i trent'anni, è non limitarlo in alcun modo. Tra un
numero sempre crescente di sagre più o meno sovvenzionate, le feste
vere sono sempre più rare: il Natale, la Pasqua, le Feriae Augusti,
diventano sempre più 'comandate' e, per il tramite di ibridi
Halloween, di palii medievali fasulli, e di 'eventi' di nuova
invenzione, specie e qualità, devono espandersi ad ogni periodo
dell'anno.
So di avere pochissimi compagni sul pianeta di chi rifiuta lo svago
forzato. A loro raccomando di non raccontarlo a nessuno, guai a dire
in giro che non ci siamo divertiti.