IL CRATERE DELLO STROMBOLI  IN ERUZIONE 1980
Benedetta, la cameriera  dell'hotel l'aveva detto subito: "Io,  dassupra? Ecchì c'ha gghiri a fari?",   mostrando come molti locali sano disprezzo e timore riverenziale per Iddu, il gigante che li sovrasta da  sempre. Una delle scene più celebri del film Stromboli terra di Dio, che Roberto Rossellini girò con Ingrid  Bergman nel 1949, mostra gli isolani, laceri e impoveriti oltre ogni  immaginazione, che scrutano atterriti dalle loro barche le tremende ire del  vulcano. Le parole di Benedetta bastarono a renderci ancora più curiosi dello  Stromboli (dal greco Strongyle  "trottola"), il vulcano più attivo d'Europa, noto come "faro del Mediterraneo"  fin dai tempi delle prime civiltà che nella preistoria frequentavano  assiduamente le isole Eolie in cerca della preziosa ossidiana. Volevamo vedere  da vicino con i nostri occhi il responsabile dei continui boati e della sabbia  nera che trovavamo ogni mattina depositata sul nostro balconcino. Una sera  della lontana estate 1980, piano piano ci siamo inerpicati sui 926 metri del maestoso  monte che sprofonda per altri 1700 metri giù in mezzo al mare; eravamo  giovani, e ancora lontani erano i giorni in cui sarebbe divenuta obbligatoria  la presenza di una guida. Per non scendere al buio attraverso i cosiddetti  "sabbioni", avevamo deciso di rimanere lassù tutta la notte, o almeno fino  all'alba, dormendo nel sacco a pelo (o meglio cercando di dormire), e poi  riscendendo per lo stesso sentiero che costeggia l'imponente Sciara (in arabo "strada") del Fuoco. 
In quest'isola straordinaria,  dove anche le lucertole sono nere ("esse  si so' vulcanizzate" avevamo sentito  dire a dei turisti con forte accento napoletano), sembra di vivere un sogno  reso ancora più irreale dall'assenza delle macchine; il paesaggio culturale,  cioè umanizzato, graffia appena due piccole porzioni del grande cono vulcanico.  Nella salita diventava più flebile il rombo del mare, ed erano sempre più  piccole le case bianche dell'incantevole villaggio appeso alle pendici del  vulcano. Alla luce della luna, gli occhi ancora pieni dei deliziosi giardinetti  con le strepitose bouganville, dei sedili con le mattonelle di ceramica, dei  pilastri (pilieri) fra le pergole,  vedevamo scendere la   notte. Oltrepassati i campi abbandonati un tempo fertili delle  colture che rendevano l'isola quasi autosufficiente, erano ormai lontanissime  le rade luci delle case che a Stromboli sostituiscono l'illuminazione stradale.  Una reliquia dei lunghi millenni bui in cui la vita sull'isola non conosceva  luce elettrica: Ginostra, aggrappata all'altra parte dell'isola senza averne  mai veramente fatto parte, ne è stata priva fino agli anni '60. Solo il faro di  Strombolicchio continuava indifferente a marcare il tempo solcando il buio  della notte.
Diventavano invece sempre più  vicini gli spruzzi di fuoco del cratere, che avevamo avvistato in lontananza  dal cosiddetto "osservatorio", fino a quando fummo davanti, anzi leggermente  sopra, il cratere dove era in scena l'eruzione, che da Stromboli prende appunto  il nome di stromboliana, caratterizzata a intervalli regolari da fontane di  lava che raggiungono centinaia di metri di altezza e dal lancio di lapilli e  bombe vulcaniche infuocate che ricadono pesantemente nella caldera (vedi foto di Antonio Paulo da Silva jr.). Nel nostro  caso, dopo circa un'ora di intenso spettacolo, il vento è mutato, siamo stati  circondati da gas e fumo, e non abbiamo visto più nulla. Sotto di noi la terra,  continuamente scossa da grandi sussulti, emanava calore. Non tutti gli arditi  sono fortunati, nel senso che le condizioni atmosferiche possono all'improvviso  mutare e impedire la visione, ma lui, il Signor Vulcano, non manca mai  all'appuntamento, il suo dovere ancestrale lo fa sempre, nessun Ente del  Turismo del mondo è mai riuscito a orchestrare uno spettacolo così eccezionale  e così puntuale. Dopo la chiusura del sentiero per motivi di sicurezza, è stato  da qualche anno aperto un  nuovo percorso  alternativo, ma uguale è l'emozione di vedere le forze della natura al lavoro a  pieno ritmo nel cratere, uno dei pochi luoghi in Europa senza tracce di  presenza umana, in inglese si chiama wilderness,  parola intraducibile in italiano, forse proprio perché da noi esiste solo qui. 
(pubblicato dalla Repubblica di Palermo il 28 agosto 2012)
In questa serie MERAVIGLIE NATURALI sono stati già pubblicati i post: 
Gran Canyon & Monument Valley 1978
Baia di Rio de Janeiro 1996 & 2009-11
Fauna del Pantanal (Brasile) 2010
I prossimi post di questa serie saranno:  
Fauna del cratere dello Ngorongoro (Tanzania) 1984
Fauna del cratere dello Ngorongoro (Tanzania) 1984
Massiccio Tassili Hoggar (Sahara algerino) 1985
Isole Galapagos (Ecuador) 1995
Cascate di Iguaçu (Brasile & Argentina) 1996
Baia di Halong (Vietnam) 1999 & 2009
Aceri in autunno e fioriture primaverili a Kyoto (Giappone) 2005-2006 & 2010
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Cascate di Iguaçu (Brasile & Argentina) 1996
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Ghiacciaio Perito Moreno (Patagonia argentina) 2012
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