A Kyoto era scoppiata la primavera; Yoko e Yumi ci avevano invitati ad andare con loro a fare un picnic sotto i ciliegi in fiore. L'attività è talmente popolare che esiste addirittura una parola specifica (hanami) per designarla. Un rito ricreativo che, come spesso accade in Giappone, non è privo di connotazioni religiose in senso lato, celebrato in onore della bellezza della natura, ma anche del dio dell'agricoltura. Come molti altri aspetti culturali, l'hanami fu importato dalla Cina nell'8° secolo dove lo si festeggiava sotto i pruni in fiore (ume) anch'essi introdotti dal continente, mentre i ciliegi (sakura) sono una specie autoctona. Avevano diritto all'hanami persino le cortigiane e le prostitute di Yoshiwara, il più famoso quartiere del piacere di Edo (Tokyo), le quali in occasione dell'hanami primaverile potevano recarsi sulle colline di Ueno per godersi un giorno di libertà. Una libertà transitoria come quella dei sakura.
'I ciliegi, dopo una breve ed effimera fioritura, 'muoiono eroicamente' ecco perché noi li amiamo tanto', mi ha spiegato Yoko un giorno: grazie alle sue parole, d'improvviso tutto mi è apparso chiaro. Veniva così, con due parole, filosoficamente giustificata l'agitazione collettiva che, a livello nazionale, si diffondeva a macchia d'olio ogni giorno di più per la fioritura dei ciliegi. Alla televisione e sulla stampa venivano addirittura rilasciati continui aggiornamenti, della situazione, veri e propri 'bollettini' dei ciliegi, come da noi ci sono quelli della neve e del mare. Vedevo dappertutto depliants e cartine in cui i templi più famosi di Kyoto apparivano tutti punteggiati da silhouette rosa per indicare le zone con massima densità di sakura. Innumerevoli opere d'arte, poesie, dipinti e disegni hanno per secoli cercato di catturare l'hanami e il fuggevole momento della bellezza dei ciliegi (sakura) prima che cadano i celebrati petali. Il senso di struggimento della caducità, la bellezza della transitorietà e il fascino dell'incertezza (mono no aware), di solito tradotto in italiano come 'sentimento della impermanenza', sono una costante di tutta la cultura giapponese.
Armati di tutte le necessarie suppellettili, incluse le tipiche scatole quadrate per trasportare il pranzo (bento), con una breve passeggiata siamo arrivati al tempio Ninnaji dove, come intere generazioni di giapponesi, anche noi gaijin ('stranieri') siamo stati ammessi al sacro hanami sotto i ciliegi in fiore.
Per altre informazioni su questo argomento:
da "L'anima nascosta del Giappone" di Marcella Croce (Marietti ed. Milano 2009)www.marcellacroce.com blog.marcellacroce.com
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Responsabile Centro Studi Avventure nel Mondo Palermo
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